NOVE COLLI RUNNING

Nove Colli Running Ultramaratona di 202,400 KM:’’IL SOGNO’’

 

Cari ultramaratoneti  spegnete il televisore per un po' o il cellulare  che sia  e accingetevi a leggere  le gesta  di un folle, vi premetto che la cosa andrà per le lunghe.  L’ultraracconto della mia esperienza alla Nove Colli Running, ultramaratona alla quale ho partecipato lo scorso week end può iniziare. Ho preso questa decisione sin dalla fine del maggio scorso stanco, di ripetere per l’ennesima volta il Passatore  a cui, quest’anno mi sono iscritto e parteciperò di nuovo (NDR  portando lo a termine  per la settima volte nonostante di acciacchi  della settimana  precedente non del tutto smaltiti),e da allora, la parte positiva  di me che  mi spronava  fino all’ossessione ‘’ce la devi fare’’, ‘’ce la devi fare, ‘’ce la devi fare’’, ha preso il sopravvento come al solito, alla parte negativa  che mi ricordava  ed, è proprio il caso di dire ‘’ di stare con i piedi per terra’’ ribadendomi che meno di uno su due ce la fa. 

Sinceramente  non credevo affatto di raggiungere il traguardo quando, mi sono iscritto, per la verità con un po' di incoscienza,  ritenevo che i cancelli fossero troppo stetti e non alla mia portata, il tempo limite di 30 ore troppo risicato, ma nella corsa come nella vita bisogna essere anche un po' ottimisti e credere nei propri obbiettivi.

E’ l’aspetto mentale che in realtà  è forse  quello che conta di più in questo tipo di gare  di durata, esso  va curato come  quella fisico; di solito quando si vogliono perseguire degli obiettivi  si fa di tutto per realizzarli, per poter trasformare quel ‘’ sogno’’ in realtà, ci si impegna con tutte le proprie forze  seguendo i consigli degli amici più esperti, ( in questo caso ove erano previsti ben otto cancelli e otto cambi possibili di indumenti mi sono attenuto alla dettagliatissima lista fornitami dall’amico Gianpaolo)  e si va avanti con caparbietà, entusiasmo e serenità . Lo ha dimostrato  Brenda  Guajardo  vincitrice assoluta della 9 colli nel 2016 che, con un tempo di 20.20,15 ha sbaragliato la concorrenza maschile. Una donna minuta, leggera , una specialista che al suo terzo anno  di partecipazione ha avverato il suo sogno; arrivare  davanti a tutti. In questo obbiettivo lei ci ha creduto.

Altro aspetto da curare è quello della preparazione fisica per la quale,  ritengo di  avere  una buona base, alla luce delle varie ultramaratone e ultratrail corse  negli anni onde per cui  la consapevolezza, di poter realizzare questo ‘’sogno’’ , come lo definisce  il patron della manifestazione si  e’ consolidata  sempre piu’.

Sono  andato  avanti effettuando molte  gare lunghe e  allenamenti neanche troppo mirati. Nelle ultime due settimane questa consapevolezza  mi era venuta un po’ a  mancare; ho perso le unghie degli alluci, le  scarpe non mi soddisfacevano e le ho cambiate  qualche giorno prima della Nove Colli,(alla partenza   avevano solo 10 km) e sono stato costretto a  sperimentarle in corsa. Ho fatto di tutto per prepararla, l’ho voluta; ero determinato e pronto a mettermi in gioco ed affrontare tutti i possibili aspetti di questa  gara, quali la gioia, l’euforia, la soddisfazione ma anche la fatica, il dolore, lo sconforto e perché no, la delusione di non  classificarmi, tutto può succedere, bisogna saperlo ed accettarlo.

Una delle gare più dure al mondo, beffarda con quel suo vizio di spaventare i runners con le sue nove salite per stroncarli in discesa e nelle pianure dove in realtà si fa la vera differenza. Ma torniamo alla gara. La Nove Colli Running, assieme alla Spartathlon (Sparta-Atene) e alla Badwater (la corsa nella valle della morte) fa parte del trittico delle 3 ultramaratone più dure al mondo, sia come distanza che come condizioni generali di gara (nel  modulo di iscrizione è riportato :“Si fa presente che la manifestazione non è una corsa competitiva, ma una attività di atletica leggera (corsa-marcia-camminata) ludico-motoria ricreativa”).Bah!!!

La partenza è da Cesenatico, e si sviluppa per 202,400 kilometri nella Romagna, ci sono 9 colli da affrontare con pendenza considerevoli, i kilometri in salita sono in tutto 90, in discesa 78, pianeggianti 34, il dislivello positivo totale è di 3220 metri, i ristori sono pochi e ci sono otto cancelli orari ad eliminazione (il primo al km 57,6° in 7,30 ore, il secondo al km 101,2° in 14 ore, il terzo al km 158 in 23 ore, il quarto  al 116,2° Km in 17,00 ore,  il quinto al 136,6° Km in 20,15 ore, il sesto al 160,9° Km in 23,15 ore, il settimo a 172,4° Km in 25,45 ore, e l’ottavo al 186,8° Km in 27,45 ore, tempo massimo di gara 30 ore; si può scegliere fin dove gareggiare:i traguardi sono 3, il primo è “La Montagna” al km 84 in cima al Barbotto (il quarto colle), il secondo è “La Roccia” al km 158, il terzo è “Uomo d’Acciaio” al km 202,400 ed io ho  puntato a questo ovviamente.

Prenotiamo  con  Gian Paolo, Antonio ,Marco e Annalisa che  accompagnerà il marito  il pacchetto che oltre all’iscrizione comprende  il soggiorno per tre gg in albergo. Il giovedì  precedente la gara preparo tutto il necessario ovvero tre zaini con tutti i cambi possibili nonché scorte idriche ed alimentari.

La mattina della gara  veniamo accompagnati alle 10,00 presso il punto di partenza dislocato lungo il porto canale ridisegnato da Leonardo da Vinci e posto dinanzi il  museo della marineria, una raccolta pressoché unica e di grande suggestione di antiche imbarcazioni, le cui vele e scafi variopinti raccontano secoli di pesca e di traffici marittimi , dove approdano le barche da pesca e si affacciano i ristoranti, famosi per la loro cucina marinara, e i negozi con i prodotti della tradizione romagnola. Segue il briefing, la spunta, ossia la chiamata uno per uno  come si fa nelle grandi gare,  il saluto del sindaco e la benedizione  del prete con relativo Padre Nostro.Il pre-gara è un rinnovarsi di incontri tra persone  che  com me condividono  la stessa passione; persone che amano cimentarsi in sfide a volte  un po' folli quasi oltre ogni limite umano compiendo  gesti  che   per le persone comuni  vanno al di là della normalità, additati  come pazzi, masochisti, amanti della sofferenza che sfidano   il proprio fisico  portandolo al limite di ogni umana sofferenza. E’ un mondo fatto di persone  provenienti da ogni parte d’Italia, persone  semplici ognuno, con la propria cultura e con la propria educazione, sguardi diversi, posture segnate dai tanti km fatti su e giù per il mondo ed è interessante  ascoltare le  proprie  preoccupazioni, le diverse esperienze, i loro consigli a volte giusti, a volte sbagliati. In questo tipo di gare  endurance con impegno massimo  diventa importante, mantenere un sano equilibrio, una gara così lunga la si costruisce mentre la si fa; siamo tutti qui per provare qualcosa noi stessi e forse anche per trovare qualcosa. E’ opportuno  ogni tanto anche coltivare la lentezza, sopratutto quando vengono a mancare le energie senza preoccuparsi di rimanere indietro e perdere tempo prezioso per i cancelli. E’ fondamentale  aver chiaro in testa quale siano  i reali obiettivi, fare quello che si può fare e non quello che si deve fare, senza eccessive  pretese ed esagerazioni non temendo il giudizio degli altri, di chi sta a casa e ci giudica a posteriori. Questo tipo di competizioni vanno considerate come  dei momenti di conoscenza interiore, un viaggio con se stessi lungo la conoscenza combattendo le angosce, le paure  che ci attanagliano come anche nella vita. In qualunque modo sia andata la corsa e sempre il caso di non recriminare, dobbiamo accettare  anche la sconfitta riconoscendo che abbiamo  fatto del nostro meglio.Ogni esperienza ci deve portare a dire  ora mi conosco di più so dove devo migliorare, quale sono gli aspetti dell’allenamento che devo curare di più e godersi un sano recupero, leccarsi le  eventuali ferite, farsi accudire dai familiari, gli amici.  Concludere la  Nove colli diventa una fonte importantissima di autostima per   aver compiuto’’l’IMPRESA’’ ; per aver compiuto qual’ cosa di grande da cui deriva la riconoscenza di tutti, diventa una risorsa da custodire per sempre.

Dopo questa disgressione che ci stà, torniamo alla cronaca:ore 12 si parte, gli iscritti sono circa 169 , gli arrivati nel tempo massimo saranno  83  ed io spero di rientrare in quest’ultimi(atleti italiani, inglesi, francesi e così via).

 

          IT

          EN

          DE

          FR

         

  

 

Attraversiamo per una piccola parte il paese immettendoci subito su un ampio rettilineo che ci condurrà fuori Cesenatico: la gente ci incita, il gruppo è compatto, attraversiamo una ciclabile sterrata dove ci attende un primo ristoro con le fragole, frutto che poi ritroverò ovunque per arrivare poi a Cesena

Alle varie difficoltà che caratterizzano la gara e che ho citato vedo che subito che se ne aggiunge un’altra, la coda dell’occhio mi cade su di un termometro e vedo che segna 31 gradi! Da regolamento i primi 21 kilometri bisogna correrli tutti insieme in non meno di 2 ore e così almeno per tale tratto il gruppo è abbastanza compatto, soprattutto perché questa prima parte si snoda in percorsi cittadini attraversando varie frazioni di Cesena e dintorni; qui mi accorgo che le indicazioni prese dal sito della gara non sono del tutto corrette, il primo ristoro del km 5 non c’è, fortunatamente troviamo delle fontanelle e tutti ne approfittiamo, fa troppo caldo veramente.

Sin da subito imposto un ritmo di gara tranquillo, anche perché  un passo  veloce soprattutto all’inizio sottrarrebbe tutte  le  scorte di energia (il nostro corpo non ci garantisce energie  neanche per i 42 km della m maratona, figuriamoci, un tratto quasi pari  a 5 di  esse), considerando  anche che per  le salite  dovrò tenere necessariamente il passo, anche se veloce ma sempre il passo, camminando. L’impostazione corretta  della gara è quella di corricchiare senza  comunque essere troppo lento in pianura e recuperare in discesa  evitando in tal modo di ‘’sforare’’: per cui mi concentro sui cancelli orari imponendomi  di passarli tutti con un anticipo abbastanza largo in modo da avere un margine da giocarmi eventualmente alla fine perché sinceramente a me, 30 ore sembrano appena sufficienti (calcolate che per una gara di 100 km normalmente danno 18 o 20 ore di tempo massimo). Siamo fuori Cesena, la strada inizia a salire e il panorama  si apre  sul mare Adriatico   da una parte permettendoci di scorgere  ai nostri piedi Cesenatico, Rimini ed alcuni paesi litoranei per poi darci la possibilità di ammirare sulle colline Romagnole, Bertinoro, tipico borgo di origine medievale posto sulla cima di un monte (il monte Cesubeo). All’improvviso  vengo stregato dal paesaggio, dagli   incredibili scenari della Romagna  che ci accompagneranno per tutto il viaggio; colline e valli variopinti, natura a perdita d’occhio, boschi, incantevoli paesini. L’etimologia vuol derivare il nome  Bertinoro da Britannia, o meglio dalla usanza dei pellegrini, che da Roma erano diretti verso le terre britanne o viceversa, di fare tappa sul monte Cesubeo per ristorarsi.

Siamo ai piedi del primo colle, il Polenta, una salita di 8 km con pendenza media 3,06 % e massima al 13 %; all’inizio di ogni colle c’è un cartello che indica tali dati posto  da monito per chi ha intenzione  di salirlo.

La corsetta si tramuta in passo, e come se cambiassi rapporto  comincio la scalata (le salite le preferisco alle discese ); l’aria rinfresca un po'  la salita si alterna  a qualche falsopiano. E’ la volta del ristoro del 28,9Km posto in cima al Polenta; il primo colle è stato conquistato. Molti atleti sono avanti, i più esperti mi dicono che la gara  si determinerà dal Barbotto in poi, chi sta dietro raggiungerà il traguardo;ho ancora degli atleti nei paraggi ma durerà poco, siamo davvero pochi, so che per la maggior parte sarò da solo ma non mi preoccupo. Segue una discesa e cerco di aumentare la velocità per  recuperare tempo e far girare le gambe con  energia, poi falsopiano, sono circa al km 30, qui comincio un po’ a pensare tra me e me se effettivamente ci siano buone possibilità di finire la gara. Un po’ il timore mi prende ma ciò fa parte del gioco, e una paura dell’ignoto, un’incognita insita in ognuno di noi, non devo pensarci ed andare avanti metro per metro, succeda quel che succeda.

Arrivo a Mendola, ai piedi del secondo colle, Pieve di Rivoschio, solito cartello, salita di 8 km con pendenza media del 4,74% e massima del  9%, via di nuovo al passo, in cima c’è il primo cancello orario che anticipo di 1 e ora mezza circa arrivando  alle 18,29 dopo 8.28 ore di corsa  al di la di ogni più rosea previsione, sono soddisfatto, mi siedo, bevo acqua e sali dalla bottiglietta mi metto i manicotti  e riparto. Altra discesa che mi porta alla base del terzo colle,  la Ciola. La salita è di 6 km con una pendenza media 5,52%, massima 11%, sto bene per ora, e in vista della notte  prendo lo zainetto con cui correrò sino al mattino  cambiandomi i pantaloni e maglia ma mi rendo conto di non avere con me il cellulare che avevo inserito  nel cambio la mattina. Per tale piccolo incidente( si rileverà poi che nell’ansia della partenza avevo inserito il telefonino nello zaino di un concorrente amico che ne ha uno identico)perderò tempo prezioso.  

Scollino, vado in  discesa a passo controllato e giungo  che è già buio a Mercato Saraceno  posto  ai piedi del quarto colle, il Barbotto, la salita simbolo della Nove Colli, probabilmente la salita più impegnativa e rappresentativa ben nota ai ciclisti che affrontano questa granfondo; essa come la maggior parte delle salite della fascia collinare romagnola é relativamente breve (meno di 5 km con una pendenza media 6,91% e massima 18% ma presenta un ultimo km impegnativo che richiede il massimo impegno. La frontale è già accesa, attraversata la piazza  la strada svolta a destra e poi bruscamente a sinistra;in corrispondenza del ponte sul Savio, subito come antipasto un breve tratto al 9% fino al cimitero, ci si immette in un fitto bosco  e la pendenza comincia ad essere importante, il manto stradale non è dei migliori  e di tanto in tanto si notano grosse fessure e crepe, segno, di uno smottamento del terreno, tipico da queste parti. Superata la superstrada E45 la salita prosegue alternando tratti impegnativi ad altri più agevoli. Si sale in mezzo a case abitate e a campi coltivati fino all'inizio dell'ultimo km: qui, dopo una serie di tornanti ravvicinati al 9%, ci aspettano 600 metri molto duri al 12% circa con punte del 18% che termineranno prima degli ultimi agevoli 100 metri di salita. Ad un certo punto sento un sibilo nel buio  e vedo delle luci alle mie spalle che si avvicinano veloci e non capisco cosa sia, troppo veloci per essere un podista, poco per essere un mezzo a motore; infatti è una bicicletta e poi ne arriveranno altre, sì, dimenticavo di dirvi che alle 18 da Cesenatico è  partita  la Randonneé in Notturna “ della Nove Colli. I ciclisti in discesa, sfrecciano come  razzi tagliando  il  buio della notte con le loro lampade  a led bianchissime. Al loro passaggio non esitano ad incitarci e farci i complimenti, la cosa non può che farci onore e spronarci ad andare avanti. Non nego di essermi emozionato non poco anche perché,  faticano a  salire e sanno che noi più di loro. Insomma penso che tra pazzi ci si ammiri e ci si rispetti.

Arrivo allo scollinamento situato in corrispondenza del bivio per Perticara e Sogliano a quota 514 alle  2.02 dopo 10,31 di gara.  Ivi é posta  una targa che ricorda Marco Pantani. Ma la cosa più importante é il ristoro e che ristoro! Presso  un bar ristorante hanno allestito una vera festa, tavoli imbanditi, speaker e musica. Mi concedo qualche forchettata di pasta, una tazza di brodo e degli zuccheri, mi siedo un po’  e  sostituisco la maglietta (fino ad ora non mi sono mai fermato praticamente). Prima di ripartire un addetto alla gara ci fornisce  di un braccialetto catarifrangente con delle lucine da porre al  braccio. Il cielo è chiaro e limpido, la notte è fresca e una lama di luna  è presente in cielo.

Ai bordi della strada  è pieno di lucciole, uno spettacolo che si ripeterà  poi al Passatore la settimana  successiva.

Inizia ora un lunghissimo tratto   di 17 km  che   ci conduce  al cancello orario, del km 101; esso  alterna discese a salite attraversando   piccoli centri abitati, con infiniti tratti  di completa solitudine e  di silenzio, il calpestio delle scarpe  ed i suoni della natura, sono gli unici rumori ad accompagnarmi.

Raggiungo soddisfattissimo  il cancello di Ponte Uso in 12,55 ore un traguardo, sulla carta impensabile  considerando  che il mio miglior tempo alla cento è di   12.05   ma esso,  risale a qualche anno fa ed effettuato grazie ad un allenamento specifico .

Da quando ha cominciato ad imbrunire ho ingerito  Coca-Cola alternata ad acqua, sali minerali e caffè  per mantenermi sveglio e  così continuerò  fino all’alba. E ora, la volta del  quinto colle, il  Monte Tiffi, solo 3 km di salita con una  pendenza media del 5,83% e massima del 16%. Riprendo ad andare al passo ma la vista mi si annebbia un po’,  causa  la stanchezza  e la mancanza di riposo  ma con determinazione e tenacia supero anche questo momento.

Una breve discesa   e  inizia una delle salite più lunghe, siamo nei pressi di Nova feltria, la cima è  quella del  Perticara di  9 km con   una pendenza media del  4,11% e una massima del 12%; riparto alternando il sonno alla veglia  e con  gli occhi socchiusi cerco di riposarmi  per poter   recuperare  un po’ di energie per il giorno dopo.

Arrivo in cima al colle, al km 116,  dopo 15,38 ore sempre con largo margine di anticipo, sono le 3 e 30  di notte, c’è di nuovo una tavola imbandita con piadina, vino, affettati, brodo, prendo qualcosa di caldo, un uovo sodo, della pasta e poi un un’incontro  inaspettato, Giampaolo’, ‘’un marziano’’,  che ad una precedente edizione aveva chiuso sotto le 24 ore e qui si è ritirato a causa  di un infortunio grave subito tempo prima ma anche, per il superallenamento effettuato per recuperare il gap. Vengo a sapere dell’ennesimo forfait di Antonio in questa kermesse e che molti si sono  e si stanno ritirando per cause varie, faccio gli scongiuri. I tempi mi confortano.

Scollino, la brezza  in discesa mi sveglia un po’, giungo  alla base del settimo colle, il Pugliano, altri 9 km di salita con una  pendenza media del 5,63%, e  massima al 12%, si tratta del dislivello più importante della Nove Colli. Il percorso è duro  sia perché posto ad un altitudine di  787 m sia, perché  affrontato non proprio al massimo della lucidità. La notte passa e pian piano il cielo si schiarisce lasciando il posto ad un alba magnifica, permane ancora la luna. Dopo vari tornanti ed un falsopiano interminabile si raggiunge la cima. Un’altro ristoro, l’ultimo cambio per affrontare i caldo delle ore diurne e poi giù a capofitto.  Il percorso procede per  un infinita e ripida  discesa che lambisce lo sperone roccioso della rocca di San Leo che  si protende   alta e inespugnabile con i suoi 583 metri sul livello del mare verso l’alto, verso  l’infinito e con essa  l'analoga e vicina fortezza di San Marino. Detta anche Montefeltro,  per il suo fascino innegabile, appartiene al circuito dei borghi più belli d'Italia ed è stata premiata con la Bandiera arancione dal Touring Club italiano.

 

Poi la  discesa lascia il posto  ad un rettilineo   per attaccare, una volta superata Secchiano, un’ ascesa al  penultimo colle, il Passo delle siepi, 4 km di salita con una  pendenza media del  5,85% e  massima  del 7% e poi giungere   all’ultimo cancello di Ponte Uso dove arrivo  sempre con un buon anticipo (almeno un’ora e mezza,) e ciò mi rinfranca.Dopo esser stato in compagnia  di un gruppo  affianco Francesco con i suoi amici pugliesi e mi aggrego anche perché sono supportati, a mia insaputa  da un mezzo. Nel frattempo un sole incandescente infuoca  l’asfalto, i piedi fanno male  e alla fine della corsa avremo tutti le spalle bruciate. Come detto prima alle sei   è partita la gara ciclistica e quindi  al tutto si aggiunge un’ulteriore difficoltà; i ciclisti,  che sono una marea e  vanno a tutta forza,( noi per regolamento  abbiamo l’obbligo di tenerci sul lato sinistro della strada) ne passano a centinaia e  a pochi centimetri da noi, questo  non è piacevole e  si rischia un bel botto; qualcuno di loro mi chiede quando siamo partiti ed io gli rispondo “ieri a mezzogiorno”, rimangono senza parole. Affronto l’ultimo colle, il  Gorolo, 4 km di salita con  pendenza media 6,07% e massima 17% in compagnia degli amici pugliesi incontrati  nella prima mattinata e con i quali condividerò la gioia finale.

Con un percorso relativamente breve questa salita può mettere in difficoltà anche ciclisti ben allenati

e se  il Barbotto è lo spauracchio con il suo 18%, questo è il colpo di grazia per i nostri quadricipiti: 17% di pendenza massima. Con un finale senza un metro d’ombra.

‘’Non guardar troppo avanti’’, così mi è stato consigliato ‘’potresti spaventarti. Stringiamo i denti e saliamo con tutta l’energia possibile affiancati dai ciclisti, forse quelli  di primissima classifica, visto il ritmo. Dopo tutto, come diceva Pantani, andare forte in salita abbrevia l’agonia. E l’atmosfera è quella  del tappone dolomitico; strada stretta,  il familiare ‘toc’’ generato dal cambio di rapporto, gli sguardi contriti, la presenza dei fotografi.  Anche ora nonostante i loro sforzi i grimpeur non si esimono dal lodarci. Per nostra fortuna  il Gorolo misura ‘’solo’’ 4 chilometri.Raggiunto il GPM, il ristoro ma, dopo una fatica del genere mi si è chiuso lo stomaco e riparto, si devia all'incrocio a sinistra, la salita  continua . Poi ampi spazi si aprono sulla  riviera romagnola e il paesaggio digrada verso il mare; la fatica  alla NCR viene  sempre ripagata dalla bellezza del  paesaggio che caratterizza questa percorso  lungo le colline romagnole, morbide e ondulate, ricche di campi coltivati e con vegetazione diradata.

Su queste colline la Nove Colli ha sapientemente costruito la sua fama e dove ogni anno migliaia di ciclisti e un nugolo di podisti  si sfidano in quella che è una delle gran fondo più belle d'Italia.

La cosa comincia a farsi veramente dura il ritmo è calato inesorabilmente, potrebbe esser dovuto ciò ad una crisi momentanea lo spero, ci sosteniamo a vicenda il tempo stringe e il timore di non farcela nei tempi previsti ci invade. Arriviamo in cima, è il km 172, ne mancano 30 ed ho 6 ore a disposizione grazie al vantaggio accumulato;sembrano tante ma non lo sono, facciamo  una stima approssimata, basta poco,un crampo, le vesciche ma, il tempo è a nostro favore.  Mi siedo al ristoro e sosto un po’, sento sempre di più il bisogno di sedermi spesso anche perché sono iniziati i problemi veri: le gambe sono tutte un dolore ma soprattutto constato  già che sotto i piedi le cose hanno preso  una brutta piega (anzi, una brutta piaga!).

Ripartiamo, l’umore non è ai massimi livelli  ma riusciamo a procedere  con poca corsa e  molta camminata, anche troppa, sto rosicchiando il vantaggio troppo velocemente, Mi concentro e riunisco tutta la forza che ho  per resistere al dolore ai piedi  che  in discesa  diventa insopportabile.

Proseguo, mi scuoto un po’ e riaccenno qualche passo di corsa. Arrivo a 20 km dalla fine, mi porto appresso una bottiglia  per l’acqua  che riempirò alle fontane dislocate a Borghi e Savignano perché l’afa è di nuovo incredibile. Nel frattempo ritrovo altri podisti sul percorso, alcuni nelle mie condizioni, altri meglio, altri peggio; il percorso ridiventa cittadino, passiamo, su vie abitate, rotonde, vari cavalcavia e poi ultimo ristoro tra le case  di   Cesenatico.

Il minimo per rifocillarmi e riparto. Arrivo all’ultimo kilometro, la rotonda, un cavalcavia, un altra rotonda dopodiché  ci incanaliamo  in un corridoio di transenne, inizia  la passerella finale  su di un viale con tutto il pubblico ai lati che ci saluta ed acclama (è buffo perche arrivano valanghe di ciclisti e un podista ogni tanto). Inizio la volata, i cartelli a decrescere mi aiutano, 200mt, 150mt, 100mt, 75,mt e così via; è l’apoteosi, passo sotto l’arco tra le urla della gente: è finita,  sono finisher, non ci credo ma è finita.

Vado a ritirare la medaglia, il medaglione artistico del peso di ben 850 gr. e il diploma di Uomo d’Acciaio, per ora sono 70° su 169, ne arriveranno altri 13, alcuni  oltre le  30 ore. Il mio   tempo è di 29 ore, 14 minuti e 29 secondi, ma soprattutto sono giunto al traguardi qualche mese fa inaspettato!

Come in tutte le  ultra maratone difficilmente si resta indifferenti, esse lasciano un segno indelebile che serve come esperienza per affrontare nuovi limiti.

Si è trattato ancora una volta di un viaggio interiore che ognuno  fa dentro se stesso e che sole le lunghe distanze permettono di realizzare; ciò che rimane é  come sempre un bagaglio umano di notevole spessore, ci si mette in gioco per testare la propria resistenza fisica, la capacità di sostenere certi ritmi, superare i propri, ascoltare interiormente se stessi, le proprie emozioni e fatiche percependo alla fine valori essenziali, quali il rapporto con gli altri. Nelle stesso tempo sono soddisfatto  perché mi sento bene nell’animo più che nel fisico, grazie a quest’evento,  ho  avuto modo di ammirare panorami unici che mi danno la forza per ripetere l’impresa il prossimo anno. Altri giorni ancora  passeranno per ripensare malinconico e orgoglioso alla   gara conclusa e cercare nuove sfide in  me stesso, cosciente  di essere ancora più forte e  consapevole  nell’animo. Con la mente perfettamente sgombra di ogni preoccupazione, ritengo di aver trascorso una due giorni  perfetta, soddisfatto per il  mio piccolo grande   risultato. Audax fortuna iuvat, forse c’è stata anche quella che mi ha dato una mano, ma il resto è tutta farina del mio sacco. A buon intenditor…

Un grazie a tutti gli organizzatori e in particolare modo a Mario Castagnoli che ci mette veramente l’anima, ai nuovi amici conosciuti lungo il percorso per la compagnia che mi ha permesso di superare i tanti timori e  le situazioni insite in un  percorso di tal fatta. Si è trattato ancora una volta di un viaggio interiore che ognuno  fa dentro se stesso e che sole le lunghe distanze permettono di realizzare.

PAOLO REALI