Vetralla-Mare Marathon 2018

 

 

                                  Vetralla-Mare Marathon 2018

Non ho una parte del corpo asciutta. L’acqua attraverso il cappello mi scivola sul volto, la pioggia battente mi impedisce di vedere, gli occhiali non servono più a nulla e una sensazione di libertà mi invade. Quanto è piacevole sentire la pioggia sul viso. Le gambe sono sempre più pesanti e i km sembrano non finire mai, le scarpe sono diventate mattoni che con forza premono sull’asfalto. Nonostante tutto si continua a correre, ancora più forte, ancora più veloce, me sempre con il sorriso, perché fino alla fine il tuo pensiero è quello di aver corso una maratona indimenticabile. La Vetralla Mare Marathon è un’esperienza, un viaggio nel quale non è importante la meta, ma ogni sua tappa che la rende magica. Si assapora il gusto della famiglia, dell’amore, dell’attenzione, ma soprattutto il desiderio di celebrare insieme un ricordo che gli anni non riusciranno ad assopire. Ci si immerge nel suo spirito già dal giorno prima, con l’accoglienza e la sistemazione in casa Di Gregorio, con i primi racconti di storia, per poi cenare tutti insieme alla famiglia. Anche l’assegnazione dei pettorali è unica: tutti possono avere il numero 1, basta solo un pizzico di fortuna, come con le carte, vengono mischiati e poi si dà il via alla sorte. E, come in ogni gara, il sonno la sera prima tarda ad arrivare, la stanza viene illuminata dai lampi che si avvicinano e una leggera brezza inebria la stanza dell’odore di pioggia. Pensare di correre 42,195 km sotto l’acqua fa aumentare l’ansia, ma con fatica ci si riesce ad addormentare. Ci si sveglia che fuori è buio, il giorno nasce con noi, un crescendo di sensazioni che non puoi evitare. Alle 6 tutti pronti sulla linea di partenza. Nove sono i temerari che affronteranno la gara. Qualche scatto fotografico serio, qualcun altro goliardico e poi via, si parte divertiti e sorridenti. Già a quell’ora si incontrano i pellegrini che percorrono la via Francigena, ci scambiamo parole volanti, saluti e auguri e si procede verso il centro di Vetralla. L’aria è fresca e non piove, il paese lentamente si sveglia, il bar alza la sua serranda lasciando uscire l’odore dei cornetti caldi, lungo la via le bancarelle del mercato si preparano per un altro giorno lavorativo, i commercianti alzano gli occhi al cielo nella speranza di non scorgere nuvole che possano minacciare il loro guadagno. Il primo ristoro si avvicina e i nostri angeli ci accolgono con acqua fresca. Ci scambiamo i primi commenti e scattiamo una foto alla casa del nonno, il punto dal quale un tempo iniziava il suo viaggio con il carretto verso il mare. Procediamo tra i sali e scendi del paese per poi immetterci sull’Aurelia bis, la strada ancora non è molto trafficata e l’aria profuma di erba bagnata. Il percorso è più impegnativo del previsto, ci si aspetta che dalla montagna per giungere al mare sia tutta discesa, ma non avevamo considerato le numerose colline da oltrepassare. Il sole nel frattempo, timidamente, nasconde il suo calore. Ogni ristoro diventa la nuova meta, con i suoi sprint finali per il piccolo podio provvisorio e con Francesco sempre in testa, come un veterano che ci fa strada. All’arrivo Mirian e Silvana che ci attendono, ci porgono da bere, ci offrono biscotti, frutta fresca e secca e l’immancabile birra, la mia benzina personale nelle gare. Sono loro i nostri angeli che ci aspettano ogni 5 km. Si attende l’ultimo. La magia delle Vetralla Mare Marathon è proprio questa: aspettare sempre l’ultimo partecipante ad ogni ristoro, per poi ripartire nuovamente insieme. Perdersi per poi ritrovarsi, un rito che si ripete fino alla fine. Al 21,0975 km il gruppo si allarga, si aggiungono i partecipanti della mezza maratona e più numerosi proseguiamo la nostra corsa. Ci lasciamo alle spalle km e km di asfalto, ma con noi è sempre presente la voglia di sorridere, di correre vicino a qualcuno sempre diverso con il quale scambi una parola, una battuta. Il tempo è sempre più minaccioso, la strada sempre più trafficata, Tarquinia si avvicina e dall’alto dell’ultima interminabile salita vediamo il mare. Giunti in città corriamo tra le auto, le persone ci guardano stupiti, qualcuno ci domanda dove siamo diretti, altri da dove siamo partiti. Siamo al 35° km. Si alza il vento e il sole è coperto dalle nuvole, aspettiamo Enrico, il nostro presidente, e via verso la fine. È stata la prima volta che correvo sotto la pioggia, beh! forse avrei preferito un battesimo meno impegnativo, ma l’atteso acquazzone ha caratterizzato ancora di più questa gara. La pioggia ha lavato la fatica, ci ha dato la forza di correre più veloce, di battere i piedi nelle grandi pozzanghere e come bambini divertirsi nel bagnarsi. Poi un fortissimo fulmine ha squarciato il cielo, ma nessuno si è fermato. Corri, corri perché è finita, corri perché ogni volta hai paura di non farcela, corri perché un tempo un giovane uomo percorreva quella strada ogni giorno per amore della sua famiglia, per il futuro e di certo non avrebbe mai pensato che dei “pazzi” ogni anno avrebbero celebrato il suo ricordo in questo modo.

Inizi il viaggio in famiglia, a cena, e lo concludi sempre in famiglia, a pranzo.

Nel mezzo? Il cuore. 

Clotilde Sofra

 

 

Nove Colli Running

 

 

                                              NOVE COLLI RUNNING

Nove Colli Running Ultramaratona di 202,400 KM:’’IL SOGNO’’

 

Cari ultramaratoneti  spegnete il televisore per un po' o il cellulare  che sia  e accingetevi a leggere  le gesta  di un folle, vi premetto che la cosa andrà per le lunghe.  L’ultraracconto della mia esperienza alla Nove Colli Running, ultramaratona alla quale ho partecipato lo scorso week end può iniziare. Ho preso questa decisione sin dalla fine del maggio scorso stanco, di ripetere per l’ennesima volta il Passatore  a cui, quest’anno mi sono iscritto e parteciperò di nuovo (NDR  portando lo a termine  per la settima volte nonostante di acciacchi  della settimana  precedente non del tutto smaltiti),e da allora, la parte positiva  di me che  mi spronava  fino all’ossessione ‘’ce la devi fare’’, ‘’ce la devi fare, ‘’ce la devi fare’’, ha preso il sopravvento come al solito, alla parte negativa  che mi ricordava  ed, è proprio il caso di dire ‘’ di stare con i piedi per terra’’ ribadendomi che meno di uno su due ce la fa. 

Sinceramente  non credevo affatto di raggiungere il traguardo quando, mi sono iscritto, per la verità con un po' di incoscienza,  ritenevo che i cancelli fossero troppo stetti e non alla mia portata, il tempo limite di 30 ore troppo risicato, ma nella corsa come nella vita bisogna essere anche un po' ottimisti e credere nei propri obbiettivi.

E’ l’aspetto mentale che in realtà  è forse  quello che conta di più in questo tipo di gare  di durata, esso  va curato come  quella fisico; di solito quando si vogliono perseguire degli obiettivi  si fa di tutto per realizzarli, per poter trasformare quel ‘’ sogno’’ in realtà, ci si impegna con tutte le proprie forze  seguendo i consigli degli amici più esperti, ( in questo caso ove erano previsti ben otto cancelli e otto cambi possibili di indumenti mi sono attenuto alla dettagliatissima lista fornitami dall’amico Gianpaolo)  e si va avanti con caparbietà, entusiasmo e serenità . Lo ha dimostrato  Brenda  Guajardo  vincitrice assoluta della 9 colli nel 2016 che, con un tempo di 20.20,15 ha sbaragliato la concorrenza maschile. Una donna minuta, leggera , una specialista che al suo terzo anno  di partecipazione ha avverato il suo sogno; arrivare  davanti a tutti. In questo obbiettivo lei ci ha creduto.

Altro aspetto da curare è quello della preparazione fisica per la quale,  ritengo di  avere  una buona base, alla luce delle varie ultramaratone e ultratrail corse  negli anni onde per cui  la consapevolezza, di poter realizzare questo ‘’sogno’’ , come lo definisce  il patron della manifestazione si  e’ consolidata  sempre piu’.

Sono  andato  avanti effettuando molte  gare lunghe e  allenamenti neanche troppo mirati. Nelle ultime due settimane questa consapevolezza  mi era venuta un po’ a  mancare; ho perso le unghie degli alluci, le  scarpe non mi soddisfacevano e le ho cambiate  qualche giorno prima della Nove Colli,(alla partenza   avevano solo 10 km) e sono stato costretto a  sperimentarle in corsa. Ho fatto di tutto per prepararla, l’ho voluta; ero determinato e pronto a mettermi in gioco ed affrontare tutti i possibili aspetti di questa  gara, quali la gioia, l’euforia, la soddisfazione ma anche la fatica, il dolore, lo sconforto e perché no, la delusione di non  classificarmi, tutto può succedere, bisogna saperlo ed accettarlo.

Una delle gare più dure al mondo, beffarda con quel suo vizio di spaventare i runners con le sue nove salite per stroncarli in discesa e nelle pianure dove in realtà si fa la vera differenza. Ma torniamo alla gara. La Nove Colli Running, assieme alla Spartathlon (Sparta-Atene) e alla Badwater (la corsa nella valle della morte) fa parte del trittico delle 3 ultramaratone più dure al mondo, sia come distanza che come condizioni generali di gara (nel  modulo di iscrizione è riportato :“Si fa presente che la manifestazione non è una corsa competitiva, ma una attività di atletica leggera (corsa-marcia-camminata) ludico-motoria ricreativa”).Bah!!!

La partenza è da Cesenatico, e si sviluppa per 202,400 kilometri nella Romagna, ci sono 9 colli da affrontare con pendenza considerevoli, i kilometri in salita sono in tutto 90, in discesa 78, pianeggianti 34, il dislivello positivo totale è di 3220 metri, i ristori sono pochi e ci sono otto cancelli orari ad eliminazione (il primo al km 57,6° in 7,30 ore, il secondo al km 101,2° in 14 ore, il terzo al km 158 in 23 ore, il quarto  al 116,2° Km in 17,00 ore,  il quinto al 136,6° Km in 20,15 ore, il sesto al 160,9° Km in 23,15 ore, il settimo a 172,4° Km in 25,45 ore, e l’ottavo al 186,8° Km in 27,45 ore, tempo massimo di gara 30 ore; si può scegliere fin dove gareggiare:i traguardi sono 3, il primo è “La Montagna” al km 84 in cima al Barbotto (il quarto colle), il secondo è “La Roccia” al km 158, il terzo è “Uomo d’Acciaio” al km 202,400 ed io ho  puntato a questo ovviamente.

Prenotiamo  con  Gian Paolo, Antonio ,Marco e Annalisa che  accompagnerà il marito  il pacchetto che oltre all’iscrizione comprende  il soggiorno per tre gg in albergo. Il giovedì  precedente la gara preparo tutto il necessario ovvero tre zaini con tutti i cambi possibili nonché scorte idriche ed alimentari.

La mattina della gara  veniamo accompagnati alle 10,00 presso il punto di partenza dislocato lungo il porto canale ridisegnato da Leonardo da Vinci e posto dinanzi il  museo della marineria, una raccolta pressoché unica e di grande suggestione di antiche imbarcazioni, le cui vele e scafi variopinti raccontano secoli di pesca e di traffici marittimi , dove approdano le barche da pesca e si affacciano i ristoranti, famosi per la loro cucina marinara, e i negozi con i prodotti della tradizione romagnola. Segue il briefing, la spunta, ossia la chiamata uno per uno  come si fa nelle grandi gare,  il saluto del sindaco e la benedizione  del prete con relativo Padre Nostro.Il pre-gara è un rinnovarsi di incontri tra persone  che  com me condividono  la stessa passione; persone che amano cimentarsi in sfide a volte  un po' folli quasi oltre ogni limite umano compiendo  gesti  che   per le persone comuni  vanno al di là della normalità, additati  come pazzi, masochisti, amanti della sofferenza che sfidano   il proprio fisico  portandolo al limite di ogni umana sofferenza. E’ un mondo fatto di persone  provenienti da ogni parte d’Italia, persone  semplici ognuno, con la propria cultura e con la propria educazione, sguardi diversi, posture segnate dai tanti km fatti su e giù per il mondo ed è interessante  ascoltare le  proprie  preoccupazioni, le diverse esperienze, i loro consigli a volte giusti, a volte sbagliati. In questo tipo di gare  endurance con impegno massimo  diventa importante, mantenere un sano equilibrio, una gara così lunga la si costruisce mentre la si fa; siamo tutti qui per provare qualcosa noi stessi e forse anche per trovare qualcosa. E’ opportuno  ogni tanto anche coltivare la lentezza, sopratutto quando vengono a mancare le energie senza preoccuparsi di rimanere indietro e perdere tempo prezioso per i cancelli. E’ fondamentale  aver chiaro in testa quale siano  i reali obiettivi, fare quello che si può fare e non quello che si deve fare, senza eccessive  pretese ed esagerazioni non temendo il giudizio degli altri, di chi sta a casa e ci giudica a posteriori. Questo tipo di competizioni vanno considerate come  dei momenti di conoscenza interiore, un viaggio con se stessi lungo la conoscenza combattendo le angosce, le paure  che ci attanagliano come anche nella vita. In qualunque modo sia andata la corsa e sempre il caso di non recriminare, dobbiamo accettare  anche la sconfitta riconoscendo che abbiamo  fatto del nostro meglio.Ogni esperienza ci deve portare a dire  ora mi conosco di più so dove devo migliorare, quale sono gli aspetti dell’allenamento che devo curare di più e godersi un sano recupero, leccarsi le  eventuali ferite, farsi accudire dai familiari, gli amici.  Concludere la  Nove colli diventa una fonte importantissima di autostima per   aver compiuto’’l’IMPRESA’’ ; per aver compiuto qual’ cosa di grande da cui deriva la riconoscenza di tutti, diventa una risorsa da custodire per sempre.

Dopo questa disgressione che ci stà, torniamo alla cronaca:ore 12 si parte, gli iscritti sono circa 169 , gli arrivati nel tempo massimo saranno  83  ed io spero di rientrare in quest’ultimi(atleti italiani, inglesi, francesi e così via).

 

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Attraversiamo per una piccola parte il paese immettendoci subito su un ampio rettilineo che ci condurrà fuori Cesenatico: la gente ci incita, il gruppo è compatto, attraversiamo una ciclabile sterrata dove ci attende un primo ristoro con le fragole, frutto che poi ritroverò ovunque per arrivare poi a Cesena

Alle varie difficoltà che caratterizzano la gara e che ho citato vedo che subito che se ne aggiunge un’altra, la coda dell’occhio mi cade su di un termometro e vedo che segna 31 gradi! Da regolamento i primi 21 kilometri bisogna correrli tutti insieme in non meno di 2 ore e così almeno per tale tratto il gruppo è abbastanza compatto, soprattutto perché questa prima parte si snoda in percorsi cittadini attraversando varie frazioni di Cesena e dintorni; qui mi accorgo che le indicazioni prese dal sito della gara non sono del tutto corrette, il primo ristoro del km 5 non c’è, fortunatamente troviamo delle fontanelle e tutti ne approfittiamo, fa troppo caldo veramente.

Sin da subito imposto un ritmo di gara tranquillo, anche perché  un passo  veloce soprattutto all’inizio sottrarrebbe tutte  le  scorte di energia (il nostro corpo non ci garantisce energie  neanche per i 42 km della m maratona, figuriamoci, un tratto quasi pari  a 5 di  esse), considerando  anche che per  le salite  dovrò tenere necessariamente il passo, anche se veloce ma sempre il passo, camminando. L’impostazione corretta  della gara è quella di corricchiare senza  comunque essere troppo lento in pianura e recuperare in discesa  evitando in tal modo di ‘’sforare’’: per cui mi concentro sui cancelli orari imponendomi  di passarli tutti con un anticipo abbastanza largo in modo da avere un margine da giocarmi eventualmente alla fine perché sinceramente a me, 30 ore sembrano appena sufficienti (calcolate che per una gara di 100 km normalmente danno 18 o 20 ore di tempo massimo). Siamo fuori Cesena, la strada inizia a salire e il panorama  si apre  sul mare Adriatico   da una parte permettendoci di scorgere  ai nostri piedi Cesenatico, Rimini ed alcuni paesi litoranei per poi darci la possibilità di ammirare sulle colline Romagnole, Bertinoro, tipico borgo di origine medievale posto sulla cima di un monte (il monte Cesubeo). All’improvviso  vengo stregato dal paesaggio, dagli   incredibili scenari della Romagna  che ci accompagneranno per tutto il viaggio; colline e valli variopinti, natura a perdita d’occhio, boschi, incantevoli paesini. L’etimologia vuol derivare il nome  Bertinoro da Britannia, o meglio dalla usanza dei pellegrini, che da Roma erano diretti verso le terre britanne o viceversa, di fare tappa sul monte Cesubeo per ristorarsi.

Siamo ai piedi del primo colle, il Polenta, una salita di 8 km con pendenza media 3,06 % e massima al 13 %; all’inizio di ogni colle c’è un cartello che indica tali dati posto  da monito per chi ha intenzione  di salirlo.

La corsetta si tramuta in passo, e come se cambiassi rapporto  comincio la scalata (le salite le preferisco alle discese ); l’aria rinfresca un po'  la salita si alterna  a qualche falsopiano. E’ la volta del ristoro del 28,9Km posto in cima al Polenta; il primo colle è stato conquistato. Molti atleti sono avanti, i più esperti mi dicono che la gara  si determinerà dal Barbotto in poi, chi sta dietro raggiungerà il traguardo;ho ancora degli atleti nei paraggi ma durerà poco, siamo davvero pochi, so che per la maggior parte sarò da solo ma non mi preoccupo. Segue una discesa e cerco di aumentare la velocità per  recuperare tempo e far girare le gambe con  energia, poi falsopiano, sono circa al km 30, qui comincio un po’ a pensare tra me e me se effettivamente ci siano buone possibilità di finire la gara. Un po’ il timore mi prende ma ciò fa parte del gioco, e una paura dell’ignoto, un’incognita insita in ognuno di noi, non devo pensarci ed andare avanti metro per metro, succeda quel che succeda.

Arrivo a Mendola, ai piedi del secondo colle, Pieve di Rivoschio, solito cartello, salita di 8 km con pendenza media del 4,74% e massima del  9%, via di nuovo al passo, in cima c’è il primo cancello orario che anticipo di 1 e ora mezza circa arrivando  alle 18,29 dopo 8.28 ore di corsa  al di la di ogni più rosea previsione, sono soddisfatto, mi siedo, bevo acqua e sali dalla bottiglietta mi metto i manicotti  e riparto. Altra discesa che mi porta alla base del terzo colle,  la Ciola. La salita è di 6 km con una pendenza media 5,52%, massima 11%, sto bene per ora, e in vista della notte  prendo lo zainetto con cui correrò sino al mattino  cambiandomi i pantaloni e maglia ma mi rendo conto di non avere con me il cellulare che avevo inserito  nel cambio la mattina. Per tale piccolo incidente( si rileverà poi che nell’ansia della partenza avevo inserito il telefonino nello zaino di un concorrente amico che ne ha uno identico)perderò tempo prezioso.  

Scollino, vado in  discesa a passo controllato e giungo  che è già buio a Mercato Saraceno  posto  ai piedi del quarto colle, il Barbotto, la salita simbolo della Nove Colli, probabilmente la salita più impegnativa e rappresentativa ben nota ai ciclisti che affrontano questa granfondo; essa come la maggior parte delle salite della fascia collinare romagnola é relativamente breve (meno di 5 km con una pendenza media 6,91% e massima 18% ma presenta un ultimo km impegnativo che richiede il massimo impegno. La frontale è già accesa, attraversata la piazza  la strada svolta a destra e poi bruscamente a sinistra;in corrispondenza del ponte sul Savio, subito come antipasto un breve tratto al 9% fino al cimitero, ci si immette in un fitto bosco  e la pendenza comincia ad essere importante, il manto stradale non è dei migliori  e di tanto in tanto si notano grosse fessure e crepe, segno, di uno smottamento del terreno, tipico da queste parti. Superata la superstrada E45 la salita prosegue alternando tratti impegnativi ad altri più agevoli. Si sale in mezzo a case abitate e a campi coltivati fino all'inizio dell'ultimo km: qui, dopo una serie di tornanti ravvicinati al 9%, ci aspettano 600 metri molto duri al 12% circa con punte del 18% che termineranno prima degli ultimi agevoli 100 metri di salita. Ad un certo punto sento un sibilo nel buio  e vedo delle luci alle mie spalle che si avvicinano veloci e non capisco cosa sia, troppo veloci per essere un podista, poco per essere un mezzo a motore; infatti è una bicicletta e poi ne arriveranno altre, sì, dimenticavo di dirvi che alle 18 da Cesenatico è  partita  la Randonneé in Notturna “ della Nove Colli. I ciclisti in discesa, sfrecciano come  razzi tagliando  il  buio della notte con le loro lampade  a led bianchissime. Al loro passaggio non esitano ad incitarci e farci i complimenti, la cosa non può che farci onore e spronarci ad andare avanti. Non nego di essermi emozionato non poco anche perché,  faticano a  salire e sanno che noi più di loro. Insomma penso che tra pazzi ci si ammiri e ci si rispetti.

Arrivo allo scollinamento situato in corrispondenza del bivio per Perticara e Sogliano a quota 514 alle  2.02 dopo 10,31 di gara.  Ivi é posta  una targa che ricorda Marco Pantani. Ma la cosa più importante é il ristoro e che ristoro! Presso  un bar ristorante hanno allestito una vera festa, tavoli imbanditi, speaker e musica. Mi concedo qualche forchettata di pasta, una tazza di brodo e degli zuccheri, mi siedo un po’  e  sostituisco la maglietta (fino ad ora non mi sono mai fermato praticamente). Prima di ripartire un addetto alla gara ci fornisce  di un braccialetto catarifrangente con delle lucine da porre al  braccio. Il cielo è chiaro e limpido, la notte è fresca e una lama di luna  è presente in cielo.

Ai bordi della strada  è pieno di lucciole, uno spettacolo che si ripeterà  poi al Passatore la settimana  successiva.

Inizia ora un lunghissimo tratto   di 17 km  che   ci conduce  al cancello orario, del km 101; esso  alterna discese a salite attraversando   piccoli centri abitati, con infiniti tratti  di completa solitudine e  di silenzio, il calpestio delle scarpe  ed i suoni della natura, sono gli unici rumori ad accompagnarmi.

Raggiungo soddisfattissimo  il cancello di Ponte Uso in 12,55 ore un traguardo, sulla carta impensabile  considerando  che il mio miglior tempo alla cento è di   12.05   ma esso,  risale a qualche anno fa ed effettuato grazie ad un allenamento specifico .

Da quando ha cominciato ad imbrunire ho ingerito  Coca-Cola alternata ad acqua, sali minerali e caffè  per mantenermi sveglio e  così continuerò  fino all’alba. E ora, la volta del  quinto colle, il  Monte Tiffi, solo 3 km di salita con una  pendenza media del 5,83% e massima del 16%. Riprendo ad andare al passo ma la vista mi si annebbia un po’,  causa  la stanchezza  e la mancanza di riposo  ma con determinazione e tenacia supero anche questo momento.

Una breve discesa   e  inizia una delle salite più lunghe, siamo nei pressi di Nova feltria, la cima è  quella del  Perticara di  9 km con   una pendenza media del  4,11% e una massima del 12%; riparto alternando il sonno alla veglia  e con  gli occhi socchiusi cerco di riposarmi  per poter   recuperare  un po’ di energie per il giorno dopo.

Arrivo in cima al colle, al km 116,  dopo 15,38 ore sempre con largo margine di anticipo, sono le 3 e 30  di notte, c’è di nuovo una tavola imbandita con piadina, vino, affettati, brodo, prendo qualcosa di caldo, un uovo sodo, della pasta e poi un un’incontro  inaspettato, Giampaolo’, ‘’un marziano’’,  che ad una precedente edizione aveva chiuso sotto le 24 ore e qui si è ritirato a causa  di un infortunio grave subito tempo prima ma anche, per il superallenamento effettuato per recuperare il gap. Vengo a sapere dell’ennesimo forfait di Antonio in questa kermesse e che molti si sono  e si stanno ritirando per cause varie, faccio gli scongiuri. I tempi mi confortano.

Scollino, la brezza  in discesa mi sveglia un po’, giungo  alla base del settimo colle, il Pugliano, altri 9 km di salita con una  pendenza media del 5,63%, e  massima al 12%, si tratta del dislivello più importante della Nove Colli. Il percorso è duro  sia perché posto ad un altitudine di  787 m sia, perché  affrontato non proprio al massimo della lucidità. La notte passa e pian piano il cielo si schiarisce lasciando il posto ad un alba magnifica, permane ancora la luna. Dopo vari tornanti ed un falsopiano interminabile si raggiunge la cima. Un’altro ristoro, l’ultimo cambio per affrontare i caldo delle ore diurne e poi giù a capofitto.  Il percorso procede per  un infinita e ripida  discesa che lambisce lo sperone roccioso della rocca di San Leo che  si protende   alta e inespugnabile con i suoi 583 metri sul livello del mare verso l’alto, verso  l’infinito e con essa  l'analoga e vicina fortezza di San Marino. Detta anche Montefeltro,  per il suo fascino innegabile, appartiene al circuito dei borghi più belli d'Italia ed è stata premiata con la Bandiera arancione dal Touring Club italiano.

 

Poi la  discesa lascia il posto  ad un rettilineo   per attaccare, una volta superata Secchiano, un’ ascesa al  penultimo colle, il Passo delle siepi, 4 km di salita con una  pendenza media del  5,85% e  massima  del 7% e poi giungere   all’ultimo cancello di Ponte Uso dove arrivo  sempre con un buon anticipo (almeno un’ora e mezza,) e ciò mi rinfranca.Dopo esser stato in compagnia  di un gruppo  affianco Francesco con i suoi amici pugliesi e mi aggrego anche perché sono supportati, a mia insaputa  da un mezzo. Nel frattempo un sole incandescente infuoca  l’asfalto, i piedi fanno male  e alla fine della corsa avremo tutti le spalle bruciate. Come detto prima alle sei   è partita la gara ciclistica e quindi  al tutto si aggiunge un’ulteriore difficoltà; i ciclisti,  che sono una marea e  vanno a tutta forza,( noi per regolamento  abbiamo l’obbligo di tenerci sul lato sinistro della strada) ne passano a centinaia e  a pochi centimetri da noi, questo  non è piacevole e  si rischia un bel botto; qualcuno di loro mi chiede quando siamo partiti ed io gli rispondo “ieri a mezzogiorno”, rimangono senza parole. Affronto l’ultimo colle, il  Gorolo, 4 km di salita con  pendenza media 6,07% e massima 17% in compagnia degli amici pugliesi incontrati  nella prima mattinata e con i quali condividerò la gioia finale.

Con un percorso relativamente breve questa salita può mettere in difficoltà anche ciclisti ben allenati

e se  il Barbotto è lo spauracchio con il suo 18%, questo è il colpo di grazia per i nostri quadricipiti: 17% di pendenza massima. Con un finale senza un metro d’ombra.

‘’Non guardar troppo avanti’’, così mi è stato consigliato ‘’potresti spaventarti. Stringiamo i denti e saliamo con tutta l’energia possibile affiancati dai ciclisti, forse quelli  di primissima classifica, visto il ritmo. Dopo tutto, come diceva Pantani, andare forte in salita abbrevia l’agonia. E l’atmosfera è quella  del tappone dolomitico; strada stretta,  il familiare ‘toc’’ generato dal cambio di rapporto, gli sguardi contriti, la presenza dei fotografi.  Anche ora nonostante i loro sforzi i grimpeur non si esimono dal lodarci. Per nostra fortuna  il Gorolo misura ‘’solo’’ 4 chilometri.Raggiunto il GPM, il ristoro ma, dopo una fatica del genere mi si è chiuso lo stomaco e riparto, si devia all'incrocio a sinistra, la salita  continua . Poi ampi spazi si aprono sulla  riviera romagnola e il paesaggio digrada verso il mare; la fatica  alla NCR viene  sempre ripagata dalla bellezza del  paesaggio che caratterizza questa percorso  lungo le colline romagnole, morbide e ondulate, ricche di campi coltivati e con vegetazione diradata.

Su queste colline la Nove Colli ha sapientemente costruito la sua fama e dove ogni anno migliaia di ciclisti e un nugolo di podisti  si sfidano in quella che è una delle gran fondo più belle d'Italia.

La cosa comincia a farsi veramente dura il ritmo è calato inesorabilmente, potrebbe esser dovuto ciò ad una crisi momentanea lo spero, ci sosteniamo a vicenda il tempo stringe e il timore di non farcela nei tempi previsti ci invade. Arriviamo in cima, è il km 172, ne mancano 30 ed ho 6 ore a disposizione grazie al vantaggio accumulato;sembrano tante ma non lo sono, facciamo  una stima approssimata, basta poco,un crampo, le vesciche ma, il tempo è a nostro favore.  Mi siedo al ristoro e sosto un po’, sento sempre di più il bisogno di sedermi spesso anche perché sono iniziati i problemi veri: le gambe sono tutte un dolore ma soprattutto constato  già che sotto i piedi le cose hanno preso  una brutta piega (anzi, una brutta piaga!).

Ripartiamo, l’umore non è ai massimi livelli  ma riusciamo a procedere  con poca corsa e  molta camminata, anche troppa, sto rosicchiando il vantaggio troppo velocemente, Mi concentro e riunisco tutta la forza che ho  per resistere al dolore ai piedi  che  in discesa  diventa insopportabile.

Proseguo, mi scuoto un po’ e riaccenno qualche passo di corsa. Arrivo a 20 km dalla fine, mi porto appresso una bottiglia  per l’acqua  che riempirò alle fontane dislocate a Borghi e Savignano perché l’afa è di nuovo incredibile. Nel frattempo ritrovo altri podisti sul percorso, alcuni nelle mie condizioni, altri meglio, altri peggio; il percorso ridiventa cittadino, passiamo, su vie abitate, rotonde, vari cavalcavia e poi ultimo ristoro tra le case  di   Cesenatico.

Il minimo per rifocillarmi e riparto. Arrivo all’ultimo kilometro, la rotonda, un cavalcavia, un altra rotonda dopodiché  ci incanaliamo  in un corridoio di transenne, inizia  la passerella finale  su di un viale con tutto il pubblico ai lati che ci saluta ed acclama (è buffo perche arrivano valanghe di ciclisti e un podista ogni tanto). Inizio la volata, i cartelli a decrescere mi aiutano, 200mt, 150mt, 100mt, 75,mt e così via; è l’apoteosi, passo sotto l’arco tra le urla della gente: è finita,  sono finisher, non ci credo ma è finita.

Vado a ritirare la medaglia, il medaglione artistico del peso di ben 850 gr. e il diploma di Uomo d’Acciaio, per ora sono 70° su 169, ne arriveranno altri 13, alcuni  oltre le  30 ore. Il mio   tempo è di 29 ore, 14 minuti e 29 secondi, ma soprattutto sono giunto al traguardi qualche mese fa inaspettato!

Come in tutte le  ultra maratone difficilmente si resta indifferenti, esse lasciano un segno indelebile che serve come esperienza per affrontare nuovi limiti.

Si è trattato ancora una volta di un viaggio interiore che ognuno  fa dentro se stesso e che sole le lunghe distanze permettono di realizzare; ciò che rimane é  come sempre un bagaglio umano di notevole spessore, ci si mette in gioco per testare la propria resistenza fisica, la capacità di sostenere certi ritmi, superare i propri, ascoltare interiormente se stessi, le proprie emozioni e fatiche percependo alla fine valori essenziali, quali il rapporto con gli altri. Nelle stesso tempo sono soddisfatto  perché mi sento bene nell’animo più che nel fisico, grazie a quest’evento,  ho  avuto modo di ammirare panorami unici che mi danno la forza per ripetere l’impresa il prossimo anno. Altri giorni ancora  passeranno per ripensare malinconico e orgoglioso alla   gara conclusa e cercare nuove sfide in  me stesso, cosciente  di essere ancora più forte e  consapevole  nell’animo. Con la mente perfettamente sgombra di ogni preoccupazione, ritengo di aver trascorso una due giorni  perfetta, soddisfatto per il  mio piccolo grande   risultato. Audax fortuna iuvat, forse c’è stata anche quella che mi ha dato una mano, ma il resto è tutta farina del mio sacco. A buon intenditor…

Un grazie a tutti gli organizzatori e in particolare modo a Mario Castagnoli che ci mette veramente l’anima, ai nuovi amici conosciuti lungo il percorso per la compagnia che mi ha permesso di superare i tanti timori e  le situazioni insite in un  percorso di tal fatta. Si è trattato ancora una volta di un viaggio interiore che ognuno  fa dentro se stesso e che sole le lunghe distanze permettono di realizzare.

PAOLO REALI

 

 

 

6 ore della Reggia di Caserta

 

 

                 

                                                   6 ORE DELLA REGGIA


Si è disputata sabato 10 marzo 2018 a Caserta, la 3^ Edizione “La 6 Ore della Reggia”, manifestazione valida come Prova del 16° Grand Prix Iuta 2018 di Ultramaratona, nata dall’idea di Maria Vozza e con questi organizzata da Agostino Rossi con la collaborazione della Podistica Caserta.
Lo splendido scenario del Palazzo Reale ha fatto da cornice al percorso misto, lungo 1.280 metri su cemento, sterrato e basolato. Circa 300 gli atleti che si sono dati battaglia nei vialetti della Piazza Carlo III antistante la Reggia; oltre alla 6 ore era prevista una staffetta 2 per 3 ore e una 3 per 2 ore.
L’ultima mezz’ora di gara è stata segnalata da un primo sparo di fuochi ripetuti sino a 5 minuti dal termine. La musica, le parole dello speaker nonché da ultimo il suono dei tamburi da parte di un allegra brigata, hanno fatto da contorno ad un appuntamento unico nel sui genere, destinato nel tempo a diventare una vera e propria tradizione sportiva casertana a livello nazionale. Per la cronaca vincitore in campo maschile è stato Silvio Trivelloni della SS Lazio Atletica Leggera che ha corso 85 chilometri e 400 metri in sei ore di gara mentre in quello femminile, vittoria per Valeria Empoli della Bergamo Stars Atletica che ha corso 65 chilometri e 520 metri.

PAOLO REALI 

Video della 6 ore della Reggia

Circeo Run 2018

 

 

La Nuova Podistica Latina e il Comune di San Felice Circeo sono lieti di invitare tutti i podisti e le podiste d’Italia e non solo, alla “Circeo Run” 2018 che si svolgerà il prossimo 13 maggio!
Percorso suggestivo di 10km che parte dal lungomare piazzale Crisci, attraversa località La Cona, per poi salire verso frazione Monticchio, da dove ci si affaccia sul golfo del Circeo e la riviera d’Ulisse …e si comincia a respirare storia, mito e natura.
Una salita di circa 1 km, al termine della quale si arriva nel centro storico di San Felice Circeo, varcando Porta Roma si entra nella piazza principale dove sorge il palazzo baronale (che per ben quattrocento anni è stato dimora dei Caetani), e sulla quale si affaccia la Torre dei Templari del 1240.
Si prosegue lungo i vicoli del centro fino ad arrivare a “Vigna La Corte”, un suggestivo parco-belvedere con vista mozzafiato sul litorale, tra i più belli della provincia.
Da qui, discesa libera! Percorrendo via C. Colombo avremo difronte a noi il mare e ci sembrerà di volare su di esso tanto imponente è la sua presenza. Costeggiando poi la spiaggia per l’ultimo km, taglieremo il traguardo! 
Saremo accolti da un ricco ristoro, e se vorremo ci sarà anche la possibilità di farsi una bella doccia rigenerante per poter proseguire la giornata in spiaggia con la famiglia o se si preferisce, visitare le bellezze storiche, artistiche e naturali presenti in abbondanza a San Felice Circeo.

Noi ci mettiamo l’anima… Voi metteteci il cuore!

Volantino Circeo Run completo ( percorso e altimetria )

Per l'iscrizione alla gara cliccate qui 

 

 

Ecotrail Florence

 

 

                 ECOTRAIL FLORENCE UN DEBUTTO SFORTUNATO

Quinta edizione per il Firenze Urban Trail, entrata a far parte del circuito degli Ecotrail, nel quale rientrano le principali capitali europee: Parigi (la capostipite), Bruxelles, Funchal Madeira, Ginevra, Madrid, Oslo, Reykjavík, Stoccolma. Firenze, unica città non capitale, scelta per la sua bellezza e per la sua storia.
Al suo debutto l’Ecotrail a Firenze, con il suo magnifico percorso urbano e collinare. è stata teatro di una serie di avversità e imprevisti che hanno dell’incredibile.
Prima ci si sono messe le elezioni politiche fissate per il 3 marzo data, dello svolgimento del percorso new entry della 80 km, designato come gara qualificante per i Mondiali di Trail a Penyagolosa e per il quale erano arrivati a Firenze tutti i migliori interpreti italiani su questa distanza, pronti a darsi battaglia per quei 3 posti in maglia azzurra. Poi si sono aggiunti neve, pioggia, treni bloccati, gelicidio sulle autostrade che hanno comportato tante rinunce soprattutto da parte degli atleti che venivano da lontano.
E così il venerdì in macchina a malincuore, dopo una preparazione meticolosa di tutti gli indumenti pesanti compresi, quelli di ricambio stivati in apposite buste all’interno dello zaino, vengo a sapere da un amico, che per un puro caso aveva visionato il sito, che la direzione di gara aveva assunto la sempre difficile decisione di tagliare parte del percorso per motivi di sicurezza annullando, la 80 km e dirottando tutti sul percorso della 42 km. Il motivo a loro detta, era la presenza di neve sugli alberi lungo il percorso che avrebbe potuto determinare la loro caduta nonché altri ostacoli che non avrebbero permesso il ripristino dei sentieri da parte dell’organizzazione. Scelta che si è rilevata giustissima e inevitabile considerando a posteriori, la situazione del percorso, ridotto a torrenti di acqua, fango e neve.
Arrivati a Firenze piove e tanto ma noi, confidando nel meteo, in base al quale in serata ci sarebbe stata una tregua e, sperando che questa sarebbe durata anche il giorno dopo, ci avviamo verso Piazzale Michelangelo per il ritiro dei pettorali posto in zona partenza.
La mattina, da quella che può definirsi la terrazza panoramica privilegiata sulla città, il panorama sulla città è da bividi , esso abbraccia il cuore di Firenze, dal Forte Belvedere a Santa Croce passando per i lungarni e i ponti di Firenze in sequenza, soprattutto il Ponte Vecchio; spiccano il Duomo, il Palazzo Vecchio, il Bargello e il campanile ottagonale della Badia Fiorentina, senza dimenticare le colline coperte dalla bruma a nord della città che ci attendono a breve con al centro Fiesole e Settignano. Una volta partiti ci siamo diretti verso il Viale dei Colli per giungere sotto l’Erta Canina con San Miniato e poi l’Albereta per correre poi lungo l’ argine dell’Arno, raggiungere Girone e proseguire sulle ripide salite per Settignano. E’ gia’ da qualche minuto dalla partenza che piove, le strade sono attraversate da rivoli d’acqua per non parlare dei sentieri resi scivolosi dal fango misto a neve in fase di scioglimento.
Poco dopo aver attraversato il paese ed ecco iniziare un single track nel bosco, fino ad arrivare finalmente al primo dei due ristori, Castel del Poggio posto al 16° km. Il tempo di rifocillarmi un po e riprendo a correre. Ora il sentiero attraversa la dorsale della collina con un ampio panorama sulla pianura sottostante coperta da fitte nubi per poi riprendere salire. Ai bordi staziona ancora la neve in parte calpestata da chi mi precede e fa freddo. Attraverso un uliveto ed è poi la volta della la salita di Monte Fanna, per poi scendere verso il cuore di Fiesole, con le sue mura etrusche, le sue scalinate e i suoi vicoli nascosti.
Raggiungo la cima di Monte Ceceri,(415 mt s.l.m.), famoso per le cave di pietra serena. e per gli eventi storici e culturali: nel 1506, sul colle fiesolano di Monte Ceceri, avvenne il rivoluzionario collaudo della Macchina del Volo progettata da Leonardo da Vinci.
Mi burtto in un single track in discesa attraverso le cave di Maiano sfruttate fino agli inizi del Novecento, celebri per la pietra arenaria, la cosiddetta "pietra fiesolana", ampiamente impiegata da scultori fin dal secolo XV. e ricordata da Benvenuto Cellini e da Giorgio Vasari. Qui si trova il secondo ed ultimo ristoro; i volontari mi offrono un bel brodo caldo che non guasta, vista l’ avversa situazione meteorologica. Si riprende a salire per giungere di nuovo a Settignano con la città di Firenze bene in vista.
Il percorso scende poi verso il cuore della città, rientrando nella sua parte “urban”, col passaggio attraverso il Parco Pazzagli e accanto all’Obihall, poi ancora l’argine dell’Arno e il rientro al traguardo di Piazzale Michelangelo.
Tutto sommato il Florence Ecotrail si e rivelato un percorso affascinante e tecnico al tempo stesso, aggravato quest'anno dalle cattive condizioni metereologiche ma, cio’ mi ha rinforzato lo spirito dandomi la consapevolezza di esser pronto per sempre nuovi traguardi
Saluto e ringrazio di cuore come di consueto tutta l'organizzazione Ecotrail Florence per averci fatto vivere una grande esperienza fatta di bellissimi percorsi e soprattutto tanto calore umano nonchè tutti i volontari lungo il percorso ed ai ristori che, hanno sempre continuato a supportarci con sorrisi, tifo ed infinita energia. Al prossimo anno!

PAOLO REALI 

Video dell'Ecotrail Florence