XX Maratona di Latina
C’è un brivido che ti accompagna, sono giorni che il fiato è corto e lo spezzi con profondi respiri.
La chiamano ansia.Il lavoro? La quotidianità a volte difficile?
La sensazione di aver dimenticato qualcosa, ma non sai cosa?No, è emozione, paura, desiderio, è la maratona di che si avvicina.
In fondo è solo una corsa che vuoi che sia, un passo dopo l’altro e arrivi, perché te ne preoccupi?
L’importante è puntare la sveglia, fare colazione, vestirsi, uscire e poi seguire il ritmo.
Ti ritrovi tra la folla e realizzi che ci siamo, il giorno è arrivato e non puoi tirarti indietro.
Gli sguardi, gli abbracci e i sorrisi complici ti danno forza e ancora una volta ti domandi il perché di tanto timore. Si parte con le foto di rito e poi via, tutti in fila per lo sparo iniziale.
Il freddo non lo senti, è riscaldato dal desiderio.
Il gruppo è compatto, allegro e carico, “ci siamo tolti il pensiero dei 195 metri” qualcuno urla, io mi limito a sorridere, risparmio il fiato, ma ascolto con gioia i miei compagni di squadra.
Alcuni di noi portano il peso dell’obiettivo, un palloncino, i colori della nostra squadra.
Il colore Arancione è simbolo di armonia interiore, saggezza, equilibrio, ambizione e creatività.
Noi siamo ritmo, suono, il passo costante che preme sull’asfalto, che cerca di non esagerare, siamo un gruppo deciso che ascolta i consigli di un uomo che ha saputo affrontare sfide più dure, più lunghe ma soprattutto che è alla sua 115^ maratona, siamo ambiziosi perché vogliamo credere in quel palloncino volante che segna le 4h e 15m.
Il tempo è generoso, un pallido sole riscalda il volto sudato, ma soprattutto illumina il paesaggio che ti circonda. Le battute, le risate coprono solo in parte il suono morbido e rassicurante delle onde del mare, l’aria è pulita e l’odore di salsedine ti rinforza, ti perdi in quella natura che raramente ti soffermi ad ammirare.
I chilometri cominciano ad essere importanti ma ancora non abbastanza, diventa sempre più difficile distrarsi, l’asfalto vuole prendere il sopravvento, impossessarsi della tua mente e farti cedere, ma il fiato è costante e non sei affaticata, intorno a te ci sono ancora loro, il gruppo compatto che non vuoi mollare. Vorresti seguirli fino alla fine, ma sai che il tuo obiettivo è un altro, correre con loro più di quello che hai fatto a Ravenna. Ci stai riuscendo e stai andando oltre e l’euforia ti esplode dentro.
E poi arriva.
La “Endorphin rush”, la mente che da tempo provava a corromperti è pronta ad esultare. Il gruppo inizia a diradarsi, sei quella più indietro di tutti, l’asfalto è terminato e il terreno è più duro, le gambe sono pesanti e decidi di rallentare, rimani sola. Le chiacchiere che ti hanno accompagnato sono scomparse e ora te la devi vedere solo con te stessa, devi cercare e ritrovare quell’entusiasmo della mattina, quell’energia che sai di avere, perché sei pronta, lo siamo tutti, il fisico non è il tuo nemico e i pensieri sono malleabili, ricerca quella strada e riparti.
Ancora li vedi, vedi i pochi palloncini ancorati alle magliette, non sono così lontani, in fondo non stai andando male, il tratto del Fogliano non è così lungo, hai superato i 25 km, ora manca poco.
Ecco ci sei riuscita hai raggirato il muro e ricominci a correre e d’un tratto ti rendi conto che le bugie più grandi sono quelle che raccontiamo a noi stessi, il fiato c’è, ora devi solo dosare le forze e non esagerare.
Affianchi alcuni tuoi compagni, li saluti e con un filo di voce gli dici “DAI”, vorresti dire di più, qualche massima sulla vita, sulla forza o sulla corsa, ma proprio non ci riesci perché sei così concentrata a distrarti che non riesci a distrarti.
Il 30° km non è un miraggio, ci sono i tuoi compagni che, nonostante il freddo, sono lì pronti ad incitarti, ti sorridono e ti offrono da bere. Birra! Finalmente la bevanda tanto attesa, brindi due volte con il grillo parlante in bici e pronti si riparte, mancano SOLO 12,195 km.
La tua città è sempre più vicina, il cuore batte più velocemente, ma non per la fatica, ma per l’emozione. I palloncini non li vedi più da tempo, forse saranno volati, forse hai rallentato troppo, nella tua testa si sta disputando un incontro di pugilato. Ad un angolo la sconfitta personale, quella che ti dice che ci hai provato ed hai fallito, non puoi mica pretendere di migliorare, proprio tu che non ami correre, proprio tu che non hai mai corso in tutta la tua vita. All’altro angolo l’entusiasmo di riuscire a fare qualcosa, per molti, impensabile, di aver corso per il 98% della gara senza mai fermarti, sicuramente stai mantenendo un buon ritmo e il risultato saprà stupirti, ci stai riuscendo ed ora ti manca veramente poco e lì al traguardo ci saranno ad aspettarti coloro che invece in te credono e crederanno sempre anche se dovessi finirla in 8h.
Ma come giri l’angolo tutto scompare, non vedi il traguardo, ma qualcuno ti urla che il gonfiabile si è sgonfiato, corri e forse un po’ acceleri, senti gli occhi esplodere, vorresti lasciarti andare elle emozioni ma resisti, corri e sorridi, sorridi e corri, ormai non senti più nulla ti sembra di volare, il cervello si è dimenticato che ti stai ancora muovendo, alzi le braccia al cielo e non resisti a trattenere la gioia, una perla scende sul tuo viso.
Clotilde Sofra