MARATONA DELLE CATTEDRALI; TRA BORGHI ANTICHI , PORTI E TANTO MARE


Son tre anni ormai che alle quattro cattedrali della 1^ edizione del 2014 delle omonima maratona se ne è aggiunta un’altra , la Cattedrale di S. Maria Maggiore di Barletta che ha assunto il titolo di Città della Disfida a ricordo della storica sfida del 13 febbraio 1503.
Dal piazzale prospicente l’edificio religioso di stile in parte romanico (la facciata) e in parte gotico ( la parte posteriore) e precisamente, in via Mura San Cataldo, è stato dato il via in una ventosa mattina del 17 dicembre 2017 alla moderna disfida.
A completare la scenografia della partenza il castello svevo, che, eretto dai Normanni nella seconda metà del XII secolo, incluso da Federico II tra i castelli del Giustizierato della Terra di Bari, fa parte integrante della storia della città., e tanto mare.
Da nord a sud, attraversando borghi antichi, costeggiando porti e il mare per arrivare verso la seconda perla, la Basilica Cattedrale di Trani, inserita nella lista delle "meraviglie italiane”.
Essa, edificata in stile romanico pugliese nell’anno del Signore 1097 sulla base della più antica S. Maria della Scala è strettamente legata alle vicende di San Nicola Pellegrino.
Adiacente al mare, sembra un gigantesco veliero in procinto di salpare, con il suo solido campanile che assume le sembianze dell’ albero maestro e, con l’ampia facciata che sembra la vela esposta ai venti. Le sue imponenti absidi facevano certamente da richiamo ai navigli che numerosi solcavano l’Adriatico per la presenza di un porto sicuro dove approdare in caso di tempesta. Completa l’opera, il Castello federiciano del 1233, accarezzato, dalle onde del mare. Un bagno nel romanico pugliese, dalle caratteristiche tutte proprie, di altissimo livello artistico. Monumentali costruzioni sorte nel XI secolo, espressione compiuta di una intensa vitalità architettonica e scultorea. Quando i Bizantini persero la Puglia ad opera dei Normanni, dovettero ammettere amaramente: “Abbiamo perso la migliore regione dell’impero”. Cattedrali non di mattone come altrove, ma di pietra che, al sole sempre presente da queste parti, rifulgono di sfumature color rosa e dorato.
Quello che appare non è tutto. Altre due, tre chiese si nascondono sotto le loro fondamenta. A Trani, sotto il transetto sorge una fitta foresta di colonne che forma la Cripta di San Nicola; sotto il corpo della chiesa superiore si distendono le tre navate di Santa Maria e, ancor più giù, il preromanico Ipogeo di San Leucio.
Anche negli interni prevale la nuda pietra, essendo stati rimossi stucchi, marmi e altre sovrastrutture accumulatesi nei secoli, per riportarli all’antico splendore.
Trani, che mostra la bianca penisoletta di Colonna, i palazzi nobiliari, il pittoresco borgo marinaro aggrappato sul porto ove ondeggiano le modeste imbarcazioni dei pescatori e si pavoneggiano come prime donne gli yacht è stata attraversata in lungo e in largo.
Forte è la tentazione di abbandonare la maratona e fare un tuffo.
Città di mare a tutti gli effetti, con nulla da invidiare ad altre più conosciute al grande pubblico. Non una singola, isolata realtà marinara, ma una serie continua di porti, un tempo battuti da velieri ragusani, amalfitani, veneziani, greci, slavi e dalmati. Nel 1063, a Trani furono emanati gli Ordinamenta Maris, gli Statuti Marittimi, il più antico codice di mare del medioevo.
Il nome di Nicola Pisano, uno dei più grandi scultori romanici, mi rimanda alla Maratona di Pisa, disputata in contemporanea. “Pisano” glielo hanno appioppato gli altri, firmandosi egli “Nicola de Apulia”. Le due maratone hanno un marchio comune: il romanico e il mare.
E’ stata poi la volta della costa di Bisceglie. Il mare immenso, le costruzioni rigorosamente in pietra, la cattedrale e il campanile svettanti sulle case della città.
Ed ecco la Cattedrale di S. Pietro Apostolo, fondata nel 1073 in stile romanico dal normanno Pietro II Conte di Trani, ed ultimata nel 1295. Nascosta da un soffocante stile barocco nel fine 700, con l'ultimo restauro è stata riportata all'antico splendore
La quarta tappa si è conclusa sotto la Cattedrale di Santa Maria Assunta a Molfetta, oggi Duomo di San Corrado, ex cattedrale della diocesi di Molfetta fino al 1785, costruita tra il 1150 e la fine del 1200. Esso volge la facciata verso il porto, quasi a volerlo proteggere e senza dubbio è il più originale romanico della Regione, una montagna di pietra a forma piramidale e due campanili ai lati dell’abside.
Dopo un tratto rettilineo della SS 16, tra uliveti, vigneti, frutteti, muretti a secco e case sparse, si è giunti a l’ultima tappa Giovinazzo, 20.000 abitanti. La sua Cattedrale romanica di Santa Maria Assunta fu edificata sul più antico edificio di S. Maria di Episcopio tra il 1125 ed il 1180, e consacrata solo un secolo più tardi.
Giunti nella spaziosa Piazza Vittorio Emanuele II, dove è situato l’arrivo. non può che essere data una rapida occhiata
all’arco di Traiano, al porticciolo, alle contorte vie del centro storico e alla cattedrale
Tutto sommato si è trattato di una buona maratona anche se bisogna ammettere che per molti atleti è mancata la navetta che li riportasse da Giovinazzo cento , luogo dell’arrivo, alla stazione Fs per tornare a Barletta, luogo della partenza.

PAOLO REALI 
 

Video Maratona delle Cattedrali 

 

 

 

                       XX Maratona di Latina

 

C’è un brivido che ti accompagna, sono giorni che il fiato è corto e lo spezzi con profondi respiri. 

La chiamano ansia.Il lavoro? La quotidianità a volte difficile?

La sensazione di aver dimenticato qualcosa, ma non sai cosa?No, è emozione, paura, desiderio, è la maratona di che si avvicina. 

In fondo è solo una corsa che vuoi che sia, un passo dopo l’altro e arrivi, perché te ne preoccupi? 

L’importante è puntare la sveglia, fare colazione, vestirsi, uscire e poi seguire il ritmo. 

Ti ritrovi tra la folla e realizzi che ci siamo, il giorno è arrivato e non puoi tirarti indietro. 

Gli sguardi, gli abbracci e i sorrisi complici ti danno forza e ancora una volta ti domandi il perché di tanto timore. Si parte con le foto di rito e poi via, tutti in fila per lo sparo iniziale.

Il freddo non lo senti, è riscaldato dal desiderio. 

Il gruppo è compatto, allegro e carico, “ci siamo tolti il pensiero dei 195 metri” qualcuno urla, io mi limito a sorridere, risparmio il fiato, ma ascolto con gioia i miei compagni di squadra. 

Alcuni di noi portano il peso dell’obiettivo, un palloncino, i colori della nostra squadra. 

Il colore Arancione è simbolo di armonia interiore, saggezza, equilibrio, ambizione e creatività. 

Noi siamo ritmo, suono, il passo costante che preme sull’asfalto, che cerca di non esagerare, siamo un gruppo deciso che ascolta i consigli di un uomo che ha saputo affrontare sfide più dure, più lunghe ma soprattutto che è alla sua 115^ maratona, siamo ambiziosi perché vogliamo credere in quel palloncino volante che segna le 4h e 15m. 

Il tempo è generoso, un pallido sole riscalda il volto sudato, ma soprattutto illumina il paesaggio che ti circonda. Le battute, le risate coprono solo in parte il suono morbido e rassicurante delle onde del mare, l’aria è pulita e l’odore di salsedine ti rinforza, ti perdi in quella natura che raramente ti soffermi ad ammirare. 

I chilometri cominciano ad essere importanti ma ancora non abbastanza, diventa sempre più difficile distrarsi, l’asfalto vuole prendere il sopravvento, impossessarsi della tua mente e farti cedere, ma il fiato è costante e non sei affaticata, intorno a te ci sono ancora loro, il gruppo compatto che non vuoi mollare.  Vorresti seguirli fino alla fine, ma sai che il tuo obiettivo è un altro, correre con loro più di quello che hai fatto a Ravenna. Ci stai riuscendo e stai andando oltre e l’euforia ti esplode dentro.

E poi arriva. 

La “Endorphin rush”, la mente che da tempo provava a corromperti è pronta ad esultare. Il gruppo inizia a diradarsi, sei quella più indietro di tutti, l’asfalto è terminato e il terreno è più duro, le gambe sono pesanti e decidi di rallentare, rimani sola. Le chiacchiere che ti hanno accompagnato sono scomparse e ora te la devi vedere solo con te stessa, devi cercare e ritrovare quell’entusiasmo della mattina, quell’energia che sai di avere, perché sei pronta, lo siamo tutti, il fisico non è il tuo nemico e i pensieri sono malleabili, ricerca quella strada e riparti. 

Ancora li vedi, vedi i pochi palloncini ancorati alle magliette, non sono così lontani, in fondo non stai andando male, il tratto del Fogliano non è così lungo, hai superato i 25 km, ora manca poco.    

Ecco ci sei riuscita hai raggirato il muro e ricominci a correre e d’un tratto ti rendi conto che le bugie più grandi sono quelle che raccontiamo a noi stessi, il fiato c’è, ora devi solo dosare le forze e non esagerare. 

Affianchi alcuni tuoi compagni, li saluti e con un filo di voce gli dici “DAI”, vorresti dire di più, qualche massima sulla vita, sulla forza o sulla corsa, ma proprio non ci riesci perché sei così concentrata a distrarti che non riesci a distrarti. 

Il 30° km non è un miraggio, ci sono i tuoi compagni che, nonostante il freddo, sono lì pronti ad incitarti, ti sorridono e ti offrono da bere. Birra! Finalmente la bevanda tanto attesa, brindi due volte con il grillo parlante in bici e pronti si riparte, mancano SOLO 12,195 km. 

La tua città è sempre più vicina, il cuore batte più velocemente, ma non per la fatica, ma per l’emozione.  I palloncini non li vedi più da tempo, forse saranno volati, forse hai rallentato troppo, nella tua testa si sta disputando un incontro di pugilato. Ad un angolo la sconfitta personale, quella che ti dice che ci hai provato ed hai fallito, non puoi mica pretendere di migliorare, proprio tu che non ami correre, proprio tu che non hai mai corso in tutta la tua vita. All’altro angolo l’entusiasmo di riuscire a fare qualcosa, per molti, impensabile, di aver corso per il 98% della gara senza mai fermarti, sicuramente stai mantenendo un buon ritmo e il risultato saprà stupirti, ci stai riuscendo ed ora ti manca veramente poco e lì al traguardo ci saranno ad aspettarti coloro che invece in te credono e crederanno sempre anche se dovessi finirla in 8h. 

Ma come giri l’angolo tutto scompare, non vedi il traguardo, ma qualcuno ti urla che il gonfiabile si è sgonfiato, corri e forse un po’ acceleri, senti gli occhi esplodere, vorresti lasciarti andare elle emozioni ma resisti, corri e sorridi, sorridi e corri, ormai non senti più nulla ti sembra di volare, il cervello si è dimenticato che ti stai ancora muovendo, alzi le braccia al cielo e non resisti a trattenere la gioia, una perla scende sul tuo viso.

Clotilde Sofra